In questa pagina sono raccontati in breve i 150 anni di storia dell’Azione cattolica di Roma.
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È un pomeriggio di febbraio del 1869 quando una quindicina di giovani universitari si riunisce insieme ad un loro professore, don Domenico Jacobini, per preparare una manifestazione di affetto verso il papa in occasione del suo anniversario di ordinazione. Da quell’incontro nascerà un’amicizia e la voglia di organizzarsi in un circolo per poter crescere insieme e vivere pubblicamente la propria fede.
Qualche mese prima Mario Fani e Giovanni Acquaderni avevano costituito a Bologna la Società della gioventù cattolica italiana (Sgci), primo nucleo di quella che sarà la futura Azione cattolica: i giovani romani decidono subito di aderirvi. Il 28 aprile in una sala al secondo piano di palazzo Lancellotti in via de’ Coronari viene fondato il circolo che prende il nome di San Pietro; il cardinal vicario Costantino Patrizi lo approva il 14 maggio e pochi giorni dopo i soci ricevono anche la benedizione del papa in udienza speciale.
Il 30 maggio arriva il telegramma da Bologna con la conferma di aggregazione alla Sgci, nono circolo in Italia. Il primo giugno 1869 nella sala dell’Accademia dell’Immacolata nel convento della basilica dei Santi Apostoli si tiene la prima Assemblea dei soci del circolo della Sgci di Roma: è la data di nascita dell’Azione cattolica romana! Il giorno dopo i giovani soci e don Jacobini, nominato primo assistente, celebrano una messa inaugurale sulla tomba di San Pietro nelle grotte vaticane.
Scrive il primo presidente Paolo Mencacci: «Ora il Santo Padre ci ha benedetto e in modo abbastanza solenne; San Pietro ha accolto i nostri voti deposti sulla sua Tomba santissima il giorno in cui nelle Grotte Vaticane inaugurammo l’opera nostra accostandoci alla Mensa Eucaristica; e con siffatti auspici abbiamo ferma speranza di riuscire a bene».
Agli inizi del Novecento Pio X riorganizza la Chiesa diocesana, crea nuove parrocchie nelle zone periferiche e riforma il vicariato collocandolo nel palazzo Maffei Marescotti di via della pigna; il papa promulga anche il nuovo catechismo e riforma l’Ac.
Grazie all’impulso delle riforme di Pio X, l’Ac di Roma si organizza e si diffonde: nel 1907 viene costituita dal cardinal vicario Pietro Respighi la Direzione diocesana dell’Azione cattolica di Roma alla quale viene affidato il coordinamento di tutte le realtà associative cattoliche della diocesi; suo primo presidente è Paolo Pericoli. Nel 1910 la sede della Direzione si trasferisce in via della pigna nel palazzo del vicariato, proprio per sottolineare la stretta collaborazione tra l’Ac e la diocesi. Primo assistente della Direzione diocesana è infatti mons. Francesco Faberij, segretario del vicariato. Ancora oggi l’Ac di Roma ha la sua sede nel cinquecentesco palazzo Maffei Marescotti mentre il vicariato dal 1964 si è spostato nel palazzo lateranense.
Nel 1908, proprio a Roma, prende vita un nuovo ramo dell’Ac, l’Unione donne cattoliche (Udci), grazie al lavoro di Maria Cristina Giustiniani Bandini. Nel 1920 si costituisce anche il consiglio diocesano della Gioventù femminile di Ac, fondata a Milano da Armida Barelli e portata da lei a Roma per volere di papa Benedetto XV, nonostante le diffidenze dell’allora cardinal vicario Pompili. Il ramo maschile adulto, dopo alterne vicende, arriverà nel 1923 quando l’Ac riceverà da Pio XI un nuovo Statuto che la costituisce come un coordinamento di sei organizzazioni o rami associativi: la Gioventù cattolica, l’Unione uomini, la Federazione universitari cattolici italiani (la Fuci), l’Unione donne, la Gioventù femminile e le Universitarie cattoliche.
Sul finire degli anni Venti, diviene tradizione per i Giovani di Ac romani celebrare l’8 dicembre la Festa della Gioventù cattolica in ogni parrocchia, con la messa, il rinnovo della promessa dei soci, la consacrazione del circolo al Saco Cuore e la distribuzione delle tessere e dei distintivi.
L’avvento del fascismo trova a Roma un’associazione forte, ben organizzata e radicata sul territorio. Nei confronti del fascismo l’Ac a livello centrale assume una posizione di distanza abbastanza esplicita mentre non mancano a livello locale esitazioni e compromessi; non è il caso di Roma, nel cui Consiglio diocesano prevale in modo netto il rifiuto del fascismo. Anche a Roma si verificano dunque violenze ed attacchi ad opera di gruppi fascisti verso alcuni circoli ma soprattutto verso i giovani che portano sulla giacca il distintivo dell’Ac.
Il 30 maggio 1931 un decreto firmato da Mussolini ordina la chiusura e lo scioglimento di tutti i circoli giovanili dell’Ac. Il pretesto è la creazione, proprio nella diocesi di Roma, di alcune sezioni dedicate i giovani operai di Ac che viene dunque accusata di svolgere attività politica oltre che religiosa. L’intervento di papa Pio XI, che scrive una dura enciclica contro il regime fascista, permette all’Ac di riprendere le proprie attività con anche maggiore convinzione tanto che a Roma i circoli dell’Ac di tutti i rami cresceranno costantemente fino alla seconda guerra mondiale.
Nel periodo bellico, mentre molti giovani cattolici romani sono al fronte, le donne le giovani romane dell’Ac si impegnano nell’assistenza dei militari e delle famiglie sfollate, soprattutto durante l’occupazione nazista della città; diversi giovani romani daranno inoltre il loro contributo alla Resistenza, pagando anche con la loro vita.
Dopo la guerra l’Ac si trova impegnata nella ricostruzione e nella formazione civile e politica dei romani nel nuovo contesto della democrazia. Gli anni Cinquanta segnano il periodo di massima espansione dell’associazione: l’Ac è presente in tutte le parrocchie di Roma e lavora in stretta collaborazione con il vicariato per il quale rappresenta il modo principale di coinvolgere i laici nella vita della Chiesa diocesana.
Il Concilio Vaticano II, preceduto da un Sinodo per la diocesi di Roma, rinnova la Chiesa nel profondo. Per attuare il Concilio e adattare il proprio impegno missionario a una società che stava cambiando velocemente, anche l’Ac avvia un processo di riforma sia delle sue strutture – con il passaggio da quattro rami associativi a un’associazione unica maschile e femminile che mette insieme giovani e adulti – sia nella sua proposta formativa con la così detta scelta religiosa e le nuove proposte formative per i giovani e per i ragazzi con la nascita dell’Acr nel 1969.
La prima assemblea diocesana si svolge il 17 maggio 1970 ma i primi passi della nuova associazione unitaria sono incerti: i giovani e gli adulti faticano a collaborare mentre l’Acr sta lentamente prendendo forma. Se gli anni Settanta serviranno per ritrovare la propria identità e impostare il lavoro in modo unitario, gli anni Ottanta e Novanta saranno un periodo di crescita che porteranno l’Ac di Roma a riprendere le attività in molte parrocchie, soprattutto con i giovani e l’Acr, e ad essere protagonista – insieme alle altre nuove realtà del laicato – del progetto di nuova evangelizzazione voluto da Giovanni Paolo II.
Gli anni Duemila si aprono con il grande giubileo che lascia un segno importante nella Chiesa di Roma. L’Ac di Roma in questi anni rinnova il senso dell’unitarietà associativa stringendo una maggiore collaborazione tra i suoi settori.
Il settore adulti negli ultimi dieci anni ha vissuto importanti cambiamenti man mano che si riduceva la componente “storica” e si cercava di dare spazio alle nuove giovani famiglie, anche curando il passaggio dal settore adulti. Si arricchiva anche la proposta formativa: incontri tematici e con esperti, momenti di spiritualità, fraternità e ricerca nei tempi forti dell’anno e uno speciale apertura al territorio con gli Esercizi spirituali in città e l’iniziativa Tessere la città.
Il settore giovani inizia il millennio con la grande veglia di Tor Vergata per la Giornata mondiale della gioventù; per i “giovani del papa” si apre un ventennio di slancio ma anche di nuove continue sfide. Grande lo sforzo di formare i nuovi animatori attraverso la pubblicazione della Bussola dell’educatore rinnovando l’attenzione al servizio e proponendo incontri con testimoni. Inizia inoltre negli anni quell’attenzione verso gli ambienti di vita dei giovani, in particolare l’università e la scuola che porterà al lancio dell’iniziativa Nessuno è fuorisede a Roma e alla rinascita del Movimento studenti di Ac (Msac) negli anni recenti.
E infine l’Acr ha dato grande attenzione alle relazioni con gli educatori delle parrocchie e in particolare alla loro vita spirituale e alla liturgia a misura di bambino, e che intorno alla cura dei più piccoli e ai momenti “forti” loro dedicati come la Carovana della pace e la Giornata degli incontri ha fatto sì che si riunisse la “famiglia Ac” dando un’importante contributo a sostenere lo sforzo dell’unitarietà dell’associazione.
«Grazie, Azione Cattolica, perché a Roma hai avuto il coraggio, a volte ostinato e testardo, di non far mai tacere, anche davanti a qualche prova o disavventura, la gioia creativa di annunciare il Vangelo.
Se dovessi descrivere l’esperienza dell’Azione Cattolica non potrei trovare parole più belle e appropriate di Evangelii Gaudium dove si propone di accogliere la sfida “di trasmettere la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio” (EG, 87).
Grazie, Azione Cattolica, perché questa sfida hai saputo accoglierla e spesso è una sfida che anche a Roma ha richiesto un tuo ripensamento, qualche contraddizione o qualche rallentamento, ma non hai mai perso la limpidezza dell’obiettivo, la saggezza di perdere qualcosa di te pur di arrivare ad essere solida carovana solidale. Vittorio Bachelet, presidente nazionale dell’Azione Cattolica ed esempio luminoso per tutta la nazione, amava dire: “A noi non interessa fare bella l’Azione Cattolica, a noi interessa fare bella la Chiesa!”. Mi sembrano parole semplici che possiamo dire vere per la nostra associazione romana: hai aiutato a fare più bella la Chiesa di Roma. Non hai amato la visibilità, hai saputo esserci nei cammini feriali della nostra gente e del nostro Popolo, ti sei messa al fianco di tutti senza protagonismo, non hai voluto solo accendere dei processi, ma hai fatto la scelta di accompagnarli e custodirli, valorizzando piccoli germogli e gioendo con umiltà dei frutti ricevuti.
Grazie perché hai creduto che l’unico linguaggio credibile non è quello dell’effervescenza, dei fuochi di artificio, della mondanità, ma hai creduto nel linguaggio della comunità come l’unico sicuro e credibile, grazie perché in alcune situazioni non hai
esitato a fare dei passi indietro pur di far vedere che è la Chiesa la sposa bella e senza rughe, e solo con Lei, mai senza di essa, hai speso tutta te stessa per “impregnare – come dice il secondo articolo del tuo Statuto – di spirito evangelico le varie comunità ed ambienti”. La tua umile ferialità ha fatto maturare laici impegnati, laici che è più bello chiamare discepoli, persone che hanno saputo disciplinare la vita cristiana nell’assidua partecipazione all’Eucarestia, nella preghiera quotidiana con la Parola, nella testimonianza di carità, capaci in alcuni quartieri e parrocchie di essere tessitori di una solida fraternità».
(Omelia del cardinale vicario Angelo De Donatis alla messa in occasione dei 150 anni dell’Azione cattolica di Roma)
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