di Mattia Arleo, Presidente del Gruppo diocesano “Vittorio Bachelet” e Consigliere diocesano dell’AC di Roma
Siamo partiti con una speranza alla volta del Monastero San Vincenzo di Bassano Romano, luogo nel quale abbiamo vissuto il campo diocesano del settore adulti di Ac dal 20 al 22 settembre. La speranza che portavamo nel cuore era quella di riscoprire – in quei giorni, con la preghiera individuale e comunitaria, con il nostro essere comunità e fare comunione e attraverso le testimonianze degli ospiti invitati – il volto della Speranza, quella vera, partendo dall’invito di Papa Francesco che ha voluto dedicare al tema la Bolla di indizione del Giubileo ordinario che si aprirà il prossimo dicembre.
Siamo partiti come pellegrini e non potevamo immaginare le immense ricchezze che, alla fine del campo, avremmo riposto nelle nostre bisacce. Del resto, il tema proposto era incentrato proprio su questo: l’essere pellegrini attenti a cosa riporre nella propria bisaccia per incedere, insieme, nel cammino, sui sentieri della speranza. “La bisaccia del pellegrino. Camminare insieme sui sentieri della speranza”: questo il titolo del campo.
Gli ospiti ci hanno dato una mano nel portare avanti il cammino, giorno per giorno.
Nel corso della prima giornata del campo, lo scrittore e giornalista di TV2000 Pierluigi Vito ci ha offerto un bel contributo sulla figura del Beato Pier Giorgio Frassati, testimone di speranza che sarà canonizzato durante il Giubileo.
Con i “sentieri di Amicizia” sono stati indicati, poi, i passi e i passaggi del vivere oggi, con le interessanti testimonianze di Antonello Sica (CAI Salerno e ideatore dei Sentieri Frassati), Berardino Guarino (ex direttore del Centro Astalli) e di Anna Chiara, una Sorella della Comunità monastica di Bose (Fraternità Civitella San Paolo).
Nello specifico, Antonello Sica ci ha invitati a considerare che, per orientare bene i passi di un cammino, è necessario avere una bussola e che, per Pier Giorgio Frassati, tale bussola portava il nome di Amore. Anche noi siamo chiamati a riporla nella nostra bisaccia e a prendere consapevolezza del fatto che i punti cardinali della stessa sono Dio, noi stessi, gli altri e la natura.
Berardino Guarino, spronandoci ad essere accaniti seminatori di piccoli germi di speranza, ci ha invitati a conoscere in maniera seria e sistematica il fenomeno delle migrazioni e a considerare che la speranza, in molti casi, ha un prezzo altissimo per chi lascia la propria terra d’origine per inseguire un sogno che è quello del riconoscimento pieno dei diritti propri di ogni uomo e donna.
Anna Chiara, la Sorella della Comunità monastica di Bose, infine, ha messo in evidenza come, sin dall’inizio della sua storia, il cristianesimo è stato sempre campo di fratture, litigi e tensioni. Partendo dal Concilio Vaticano II e dal concetto di “fratelli separati”, ci ha fatto comprendere come, più che sulla “separazione”, l’attenzione debba essere concentrata sulla “fratellanza” e che la responsabilità che abbiamo come laici impegnati è quella dell’unità, in quanto essa ci viene raccomandata da Cristo.
La seconda giornata del campo si è aperta con la Lectio sull’icona biblica dell’anno (Lc 5, 1-11) tenuta dall’Assistente del settore don Stefano Matricciani che ha ricavato dal brano evangelico due cornici e un centro. Don Stefano è partito dal centro, dicendoci che tutto ciò che accade nel reale non è solo successione di cose governate e governabili. Dio, spesso, ci toglie di mano il “governo” della realtà perché vuole offrirci i suoi beni in sovrabbondanza. Il dono di Dio, quindi, è sempre fuori misura e la misura di Dio non è mai avara. Si è soffermato, poi, sulle due cornici, ossia sul “non abbiamo preso nulla” che non vuol dire che non si pescherà più o che non si possa prendere ancora il largo, e sul “sono peccatore”, il che non vuol dire che il “governo” della realtà ci viene tolto da Dio perché peccatori o immeritevoli, ma solo perché il Signore vuole renderci partecipi di quella sovrabbondanza. Alla Lectio sono seguiti un momento di deserto e di prima condivisione in gruppi.
Illuminante è stata, poi, la testimonianza di Enrico Selleri, giornalista e conduttore di TV2000, che ha aperto i nostri sguardi sul Sinodo dedicato alla sinodalità. Ha indicato innanzitutto la funzione del cammino sinodale che è quella di aprire nuove strade per tornare al Vangelo. Ha suggerito, poi, una modalità che non è quella di una riorganizzazione aziendale, ma quella di ricompattare i cuori; una riorganizzazione dettata, quindi, dalla necessità di tornare all’essenziale.
La seconda giornata si è conclusa con i laboratori associativi dedicati a due aspetti imprescindibili per aprire strade nuove: da un lato, il passaggio dalla routine allo stupore; dall’altro, il passaggio dalla marginalità alla comunità.
L’ultima giornata del campo è stata segnata dalla Lectio del prof. Philippe Bordeyne (Preside del Pontificio istituto teologico “Giovanni Paolo II”). Le parole-chiave della sua testimonianza, incentrata in particolare sulla Lumen Gentium e sulla Gaudium et Spes, sono state: decentramento, sguardo sui cambiamenti d’epoca, servizio cristiano al mistero umano oggi e giubileo (inteso come possibile insieme di pratiche ecclesiali che possano essere generatrici di speranza).
Il campo si è concluso con il lancio del nuovo anno associativo e con la Celebrazione eucaristica presieduta da S. Ecc. Mons. Daniele Salera (Vescovo ausiliare per il settore Nord e per l’ambito della formazione cristiana della Diocesi di Roma).
La nostra speranza di riscoprire la vera Speranza non è rimasta delusa. Siamo rientrati nella nostra quotidianità con un rinnovato entusiasmo, con la bisaccia piena degli strumenti necessari per vivere, nell’oggi, il servizio al mistero dell’umano e con lo zaino in spalla, pronti ad essere segno di Speranza nel nostro tempo.
Di seguito alcuni dei materiali del campo