ExtraLibera… spazi di partecipazione

Secondo incontro diocesano per adulti giovani di Ac Roma

di Chiara Calzolaro, Parrocchia San Romano Martire- Equipe diocesana Adulti Ac Roma

Pio La Torre, Peppino Impastato, Rita Atria, don Pino Puglisi… sono solo alcuni dei molti nomi
che scorrono sulla “parete del patto” nell’ex cinema di via Stamira 5, a pochi passi da piazza Bologna.
Quel cinema, poi sala bingo, è un bene confiscato alla criminalità organizzata e ora restituito alla
collettività.
Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie ha deciso di farci uno spazio espositivo-sensoriale che si compone di vari momenti: 1) la Memoria; 2) il Patto; 3) i Fiori dell’impegno; 4) il
Bagaglio di conoscenze.
In questo luogo che profuma di Legalità, l’Ac di Roma ha deciso di tenere il secondo incontro per
Adulti- Giovani “Luoghi Comuni- Spazi di Partecipazione.”
Un’ esperienza voluta in primis per far conoscere questo spazio, dove piccoli e grandi possono venire
a contatto in maniera dinamica con storie di uomini e donne, giovani e adulti, vittime innocenti delle
mafie.
Vite che inevitabilmente ci raccontano un pezzo di storia del nostro Paese (e non solo), racconti di
chi non ha voluto abbassare la testa che si intrecciano profondamente con l’impegno per costruire
un’Italia migliore, di giustizia.
Sono storie di giornalisti, di politici, di sindacalisti, di magistrati, di sacerdoti, di persone
comuni
che si sono sacrificate per permettere alle generazioni successive di avere una vita Libera.
Ma non sono storie passate. Ad accoglierci un video dove uomini e donne di oggi insieme a don Luigi
Ciotti offrono il loro servizio non solo nell’accompagnamento delle famiglie delle vittime innocenti
a ottenere verità e giustizia, ma anche per sensibilizzare tutti alla cultura dell’antimafia.
A seguire, ci troviamo tutti intorno a un grande tavolone digitale, le dita dei bimbi toccano
velocemente una foto, poi un’altra, poi un disegno di un fiore…che si ingrandiscono e aprono la storia
di quelle persone: è lo spazio della memoria delle Vittime “viventi” che parlano al cuore di chi sa
ascoltare e ci insegnano come combattere le mafie
.
Accanto al tavolo su uno schermo gigante, appaiono continuamente dati e informazioni. Dove ci si
ferma e si approfondisce.
Ma il momento più suggestivo è quello in cui ci si trova davanti a un microfono. Quei nomi che
scorrono su quella parete, non sono nomi a caso, sono “semi che hanno portato frutto”
e tu sei
chiamato a sceglierne uno, a pronunciarlo ad alta voce: quel nome ti accompagnerà nelle tre sale
dell’Azione, della Consapevolezza e dell’Impegno. E non solo. Sarà il nome che dovrai portare “fuori
nel mondo e nella vita”.
Un percorso toccante e interessante che fa breccia nei cuori di persone di tutte l’età.
La testimonianza più bella la dà Nicolò, 10 anni. È arrivato un po’ annoiato perché i genitori hanno
ritenuto che fosse una esperienza da fargli fare. Il primo sorriso appare quando le ragazze del Servizio
Civile gli consegnano lo smartphone e le cuffie per seguire il percorso…l’esclamazione più bella
quando termina l’esperienza ed esclama: “quasi quasi rifaccio il percorso con un altro nome!”.
In conclusione un momento confronto, guidato da Massimo Pallottino, dell’Ac della Parrocchia
di San Giuliano. Massimo per Caritas Italiana si occupa di disuguaglianze. Riaccende il pc e proietta
le “Mappe di Roma” che ci aveva fatto conoscere lo scorso incontro, dandoci la possibilità di riflettere
sulle “povertà e ricchezze” dei vari Municipi.
Una mappa della criminalità non esiste, ma arriva subito la provocazione: dove si radica? Dove c’è
povertà- dice qualcuno. Risponde subito un’altra voce “anche dove c’è ricchezza…”
La riflessione va oltre i nostri “Luoghi Comuni” di Roma, e si allarga all’Italia e all’Europa.
A quanti passi sono stati fatti per la coesione, e quindi per il contrasto alle mafie, e quanto ancora c’è
da fare. Quanto la nostra piccola voce sia importante e, se unita a quella di tantissimi altri, può servire
a ribellarsi a ogni tipo di sopraffazione. E quanto le nostre mani possono plasmare se insieme ad altre
mani continuano a costruire il bene pubblico, il bene comune.
Qualcuno, il cui nome è scolpito su quella parete e a cui noi dobbiamo continuare a dare voce, ha
iniziato qualche decennio fa. Noi dobbiamo farlo ora, magari partendo dall’esperienza di sabato, che
ha già messo in moto altri gruppi incuriositi dal racconto di questi pochi giorni. Nicolò e i suoi amici
sono la speranza concreta che quei 100 passi che separavano la casa di Peppino Impastato da quella
del Boss Gaetano Badalamenti, diventino passi di giustizia sociale, passi leggeri e liberi dal giogo
della criminalità organizzata.


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