Come da tradizione, gennaio è stato il mese dedicato alla pace, argomento che sta a cuore a tutti noi. Per la puntata di RaccontACi Roberta Zoppo ha intervistato Fatema Quasim, attivista afgana per i diritti delle donne.
Istruzione ed educazione come mezzi per raggiungere la pace.
Il messaggio di Papa Francesco dello scorso dicembre indicava educazione ed istruzione come strumenti per raggiungere la pace. Per Fatema Quasim “entrambi hanno effetti positivi per raggiungere la pace”, e aggiunge ad essi anche “il lavoro”, “la riduzione della povertà” e “l’indipendenza economica delle donne”. Sono “i fondamenti della pace” e non si può dire “che siano cose separate”.
La pace nel contesto attuale afgano.
L’Afghanistan è una terra inquieta da molti decenni, “ma negli ultimi vent’anni”, fa presente Fatema Quasim, “con l’aiuto della cooperazione internazionale aveva ottenuto diversi progressi” in diversi campi tra cui l’istruzione. L’attuale opposizione all’istruzione del Paese ha incrinato fortemente la pace e “le donne hanno perso il diritto all’istruzione” ed anche “al lavoro”, portandole a manifestare per strada rischiando la vita e l’arresto. In questo contesto la povertà ha spinto le persone “a vendere parti del proprio corpo”, continua la nostra ospite, “e i matrimoni precoci sono oggi più comuni”. Tali fatti non hanno effetti benefici sulla pace e si rischia a lungo andare “di portare la gente verso l’ignoranza, verso il fanatismo, verso le guerre”.
L’importanza del diritto alla pace.
La mancanza in questo contesto di fondamenti quali istruzione ed educazione compromette il diritto alla pace. “Quando la gente pensa a sfamare i figli”, dice Quasim, “in qualunque modo non può ragionare bene, non può farlo nel modo giusto”, contrariamente a chi vive in situazioni di pace e può accedere all’istruzione. Quest’ultima però “non è relegata solo alla scuola o all’università”, continua, “dobbiamo ampliare la nostra conoscenza in ogni campo”, al fine di avere maggiore conoscenza su ciò che accade nel mondo.