Auguri da parte del Presidente diocesano

Carissimi,
insieme con il mio augurio, quest’anno vi regalo una bellissima poesia che raffigura, attraverso potenti immagini, la novità estrema del messaggio cristiano: come spada di fuoco o luce abbagliante una parola, la Pace di Cristo, sconvolge il mondo.

Contempliamo la grandezza e la misericordia del Signore.

Buon Natale a tutti

Marco

LA PAROLA 

In Galilea una parola scaturì come una stella;
crebbe, squillò, benedisse, arse ogni cuor valoroso;
parola di speme occulta, di prova e di progresso
d’ira e di pietà rifuse, passione e pace riunite.
Come una spada di fuoco chiamò su ogni città;
stella con lingua di tuono: forte venne la parola.

Vi entrò la punta del cuneo, lo scricchiolio dei carretti,
il tintinnio dei rivetti, con lo strider delle tavole;
sopra ai tetti il martellare; il rumor dell’officina;
con i trucioli che frusciano, ammucchiati poi dal vento;
il cantar dell’operaio, il brusio del pregio umano —
Fra i rumori dei mestieri, squillò fuori la parola.

Vi entrò il tonfo delle reti, stridor di sabbia e conchiglie,
risuonar di gaffa e remi, di compra e vendi le grida,
il fremere del pescato, le vele sciolte che gemono,
e fra varie note e grida, il ruggito delle acque,
il rumor di vite piccole, povere, audaci e alte;
ogni dolore raccolto, venne viva la parola.

Chini a lei i gran peccati, nell’eclisse dell’Impero,
dominando il buio i troni, sette tuoni sulle labbra,
entrò in lei la pena urbana, con il crollo dei feticci,
e l’urlo di sozzi Cesari, pugnalati nei palazzi,
cappucci su corpi nudi, il gran regno che si schianta,
le trombe di Apocalisse, le tenebre della terra:

lo sdegno che oscurò il sole e il colle eterno nascose,
portando rovina al mondo, avanzava la parola —
vi entrò la fiamma dei credi, il fischio d’orridi fuochi,
la lancia e la rossa croce, con il cilicio e le spine,
il forte canto dei monaci, la canzone dell’errante,
il mutar di regni e troni, la confusione dei forti.

Lo schianto d’elmo e corona, di scudo, croce e piviale,
strappo dei fasti dei tempi, rovina di papi e principi,
l’immenso regno dei miseri si riunì a riscuoter credito,
ruggita da mille gole, procedette la parola.
Vi entrò il canto delle ruote, col ruggito e con il fumo
l’enigma paga e bisogno, nebbie ardenti e soffocanti.
La ricchezza che va in pezzi, i bisogni che si gonfiano.
Speranza e luce che abbaglia, il vangelo assordante,
fra regni e imperi dannati, fra incessanti cambiamenti,
nel caos nacque e si erse — e la parola fu «Pace».

G.K. Chesterton (1915)