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#3RaccontACI L’assistente di AC: il ruolo di corresponsabilità con i laici

#21RaccontACI L’assistente di AC: il ruolo di corresponsabilità con i laici

L’assistente di AC: a RaccontACI ascoltiamo la testimonianza di don Eugenio Bruno, assistente unitario e del Settore Giovani dell’AC di Roma

Gli assistenti, cioè i sacerdoti, sono parte essenziale nel cammino dell’Azione Cattolica: sono sempre accanto ai laici consigliando, orientando, condividendo gli obiettivi, le ansie e le speranze e custodendo la vocazione laicale. Tutti questi tratti emergono dall’intervista svolta da Chiara Santomiero a don Eugenio Bruno, assistente unitario e del Settore Giovani dell’AC di Roma, in occasione del mini campo unitario di apertura dell’anno associativo 2022/23 a Morlupo.

Chi è l’assistente di AC

“Secondo il Progetto formativo, l’assistente in AC svolge un ruolo di padre, amico, fratello nella fede e custodisce qualcosa di prezioso- inizia don Eugenio Bruno -L’AC, infatti, è un’associazione di laici e l’assistente deve innanzitutto custodire la bellezza della vocazione laicale e aiutare tutta la Chiesa a vedere la bellezza e la ricchezza di questa vocazione. In altri contesti, molti movimenti e molte iniziative sono a trazione sacerdotale: nell’Azione Cattolica, invece, il sacerdote vive l’esperienza di fare un passo indietro rispetto al consueto ruolo di guida, che invece è affidata ai laici”.

Corresponsabilità tra laici e assistenti

Si può affermare, allora, che laici e sacerdoti nell’Azione Cattolica si educano a vicenda e si esercitano nella corresponsabilità: “Sempre considerando il Progetto formativo- prosegue don Eugenio Bruno -l’AC è una palestra di santità: il compito dell’assistente è quello di sostenere i laici nel progetto di ricerca della santità preparato per ciascuno dal Signore e lo fa lavorando nel silenzio, nella preghiera, nell’accompagnamento personale e nell’affiancamento nei lavori di gruppo”.

“Inoltre- aggiunge -per il sacerdote essere assistente nell’AC può essere anche una palestra per vivere in maniera bella e gioiosa la propria specifica vocazione, stando cioè accanto a dei laici che portano avanti un’associazione con tanto senso di responsabilità e profezia”.

Fraternità e paternità

Per don Eugenio Bruno, l’attività di assistente si è sviluppata su due livelli, dal momento che ricopre il ruolo sia di assistente unitario, sia di assistente del Settore Giovani: “A livello unitario, personalmente sento di essere fratello tra fratelli nella fede– racconta -Cerco di aiutare la Presidenza e il Consiglio a curare il legame con la diocesi. Il mandato, infatti, mi è stato conferito dal Cardinal Vicario e sono chiamato, insieme a tutti gli altri assistenti, a ricordare sempre negli incontri della Presidenza e del Consiglio il profondo legame tra cammino diocesano e cammino associativo”.

Per quanto invece riguarda il compito di assistente del Settore Giovani, don Eugenio Bruno sente di ricoprire, in qualche modo, il ruolo della paternità: “Con i ragazzi, essere assistente significa ascoltare e orientare la loro vita verso progetti alti- spiega -Se a livello unitario prevale il legame cordiale e istituzionale con la diocesi, con i giovani di AC prevale l’aspetto del lavoro di strada, dell’essere in cammino stando accanto ai loro sogni e aiutandoli a scoprire il progetto che il Signore ha in mente per ognuno”. 

Verso il 2022/23

Rispetto infine all’inizio dell’anno associativo, don Eugenio Bruno ritiene che vada tenuto in considerazione il fatto che tutta la Chiesa sta sperimentando una nuova partenza dopo due anni complicati di pandemia, che ha segnato in tanti modi la vita di tutti e delle comunità: “Si può dire che siamo ancora frastornati e che avremo bisogno di tempo per capire cos’è davvero successo e a cosa il Signore ci sta chiamando-riflette -Di certo cercheremo di vivere l’anno associativo con una rinnovata speranza: non per niente l’abbiamo iniziato con un gesto specifico, cioè lo stare tutti insieme per tre giorni in questo mini campo a Morlupo. Il primo messaggio che emerge da questo desiderio e da questa esigenza è che vogliamo ancora continuare a credere che la vita comunitaria abbia un senso. Ma non solo- conclude -C’è anche un altro spunto che mi viene in mente, se penso all’anno che stiamo aprendo: continuiamo, come associazione, a stare nel processo sinodale. Sono stati aperti quattro cantieri di lavoro che l’AC conosce bene e che può considerare come delle occasioni per costruire il futuro”.